Scrivo,

perché so che leggerai.

E lo faccio di getto.

Senza orpelli, cogitazioni o travisamenti:

secondo natura, come venimmo al mondo.

Uscii, costretto.

Mai avrei voluto.

Ma lo feci.

Evidentemente dovevo.

Non rimpiango, tu vedi oltre,

doveva essere così.

Lasciai tanto, presi poco.

Ma quegli occhiali…

non miei, tuoi.

Mi avrebbero accompagnato.

Fidata scorta

di cultura rappresa,

conati intensi

di celestiale abbandono.

Anche adesso li inforco.

Lo farò quando ci rivedremo,

così, se non avrai letto,

li vedrai, e capirai.

Non sono un ladro,

chi toglie pane a chi ha fame,

la vista a chi non l’ha.

Tutt’altro:

mors mea, vita tua.

Ma quegli occhiali…

mi danno l’idea di esserci,

di vederti,

qui accanto a me.

Rossi, come la tinta che ti piacque.

Quadrati, con gli angoli di chi giacque.

Li avverto su di me,

sulla mia protuberanza occipitale,

infinitamente protesa,

senza pretese.

Ecco, ho finito.

O sono finito?

Forse entrambe.

So solo che l’amore puro

d’una vita che fu,

non potrà mai finire,

e lo sai anche tu.

Un commento su “Quegli occhiali”
  1. Molto suggestiva questa poesia che tocca delicatamente il cuore del lettore con l’immagine di una donna amata lontana, ma sempre presente e che si materializza negli occhiali rossi…
    L’amore è vissuto non drammaticamente, ma in modo molto dolce, anche se venato di tristezza e nostalgia…

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