Una storia vera?

Chissà.

Ma straordinariamente valoriale.

Ero su quel treno.

Un ragazzino dissennato.

Andavo a trovare il mio migliore amico.

Quell’amico “immortale”

che ancora mi rischiara la mente,

nell’intrico dei suoi meandri.

Fu allora che la vidi.

Alta, mora, i capelli lunghi e lisci:

una bellezza statuaria.

Io cercavo fuori e dentro

l’anima gemella.

Pensai di averla trovata.

Quante volte ci chiediamo

se la strada sia quella giusta.

Quante volte ci ricrediamo,

capendo che era una delle tante.

Quella volta ero convinto.

Cominciai a parlarle,

in un dialogo incessante.

Mi perdevo nel suo sguardo,

tutta luce,

immerso nei nei.

Le chiesi la sua meta.

Mi rispose.

Alea iacta fuit.

Rimasi lì,

non scesi.

Accanto,

i bei vigneti.

Noi due,

su un binario unico.

Dentro l’illusione

di un viaggio infinito.

L’avrei scortata

ovunque.

Un oceano di novità.

Giungemmo e non esitai.

Scesi con lei.

Ad attenderla suo padre.

Notai subito quelle basette ricce,

sotto una calvizie pronunciata.

Neanche una parola,

subito nell’autovettura.

Dove? A casa loro.

Ad attenderci la signora.

Poi l’invito a cena.

Quant’era dura quella mela verde,

non scendeva proprio giù…

Ma sguardi e sorrisi,

xenìa cristallina.

E la stanza da letto?

Lui m’indicò la sua.

Le donne nell’alcova.

Lui sul divano.

Dormii tra due guanciali,

un sonno meraviglioso,

ristoratore.

Il mattino dopo,

una lauta colazione.

Un saluto d’uopo

e di nuovo alla stazione.

Giunto a destinazione,

fui caricato

da un tassista attempato.

In tasca le ultime cinquemila lire.

Giungemmo e scesi.

Chiesi quanto, disse dieci.

Io gli porsi quel che avevo,

imbarazzato.

Lui capì,

s’impietosì.

Poi li vidi

abbacinati,

divorati

dalla trepidazione.

Il mio arrivo?

Una sorpresa

inattesa.

Eppure ero colmo

di felicità.

Attimi

di trasognata utopia.

Avevo conosciuto lei

e la sua famiglia:

un’unica realtà

ricca di dignità.

Avevo compreso

che i valori ci sono.

Basta sapere

che li abbiamo accanto

nel cammino tortuoso,

senza riposo,

alla ricerca infinita

del senso della vita.

Un commento su “Angelo solo”
  1. Lento scandire delle emozioni il tempo; lampo intrepido al ricordo. Istantanea nitida dell’incontro agognato o reale, onirico tessuto di volti inscalfibili all’architettura neurale. Memoir del fugace ricordo che dipinge suoi i confini, ideogramma della forma: le figure dell’amata, della sera trascorsa in famiglia. il sonno notturno. Il risveglio, già ritorno. Altorilievi posti in successione, nitidi allo sguardo improvvido del già tramortito tempo. Il se, condizionale, torna a ritroso, nei nei, nella xenia cristallina, sconfigge il senso del suo interlocutore: fummo mai o attraversammo in visione il limen della conoscenza?

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