Prima parte e seconda…

Jenny fu svegliata dai battenti della finestra, si alzò dal letto dirigendosi vicino alle imposte, guardò fuori la strada che portava in paese e l’occhio si perse nella verdeggiante vallata sottostante, dove le vette di montagne si stagliavano contro il cielo, dopo aver lambito ogni angolo coperta di brina.
Lo sguardo s’ipnotizzò sui batuffoli di nuvole che indugiavano leziosamente nel cielo sorvolando la distesa verde.
L’aria che le sfiorò le guance era umida di pioggia ed eccole le gocce grosse e pesanti rumoreggiavano nel silenzio con quel continuo tintinnio udibile, e a quel suono che cadevano sui pini, si univa un odore di resina, abete e muschio. Il paesaggio era avvolto da un silenzio solenne, e gli animali correvano a cercar riparo, tra i pini immobili. Tutta la distesa era variopinta di vari verdi, da tonalità chiare, e alcune scure. A un tratto, una luce abbagliante, un tuono, risuonò nella valle, con la pioggia più intensa e i rumori amplificati, ed il primo raggio di luce illuminò la distesa che assunse un aspetto magico. Ancora una volta il cielo di primavera creava emozionanti vedute brulicate di grandine e lei scosse appena il capo per alleviare la tensione del collo e il suo volto delicato, la faceva apparire più giovane dei suoi ventisette anni. Osservò ancora per poco l’orizzonte che sfumava dal verde pallido a un blu intenso. Intenta a vestirsi suo malgrado sì, soffermò a rievocare l’emozione di quando fu chiamata dall’ammiraglio Donovan, nel suo studio per il posto d’insegnante che ricopriva da diversi anni. Lui era seduto alla scrivania e alle sue spalle s’innalzava una libreria di mogano e in quell’ambiente l’ammiraglio assumeva un’aria severa, lei lo guardò attentamente, il suo volto segnato dall’età esprimeva amarezza, la carnagione olivastra veniva illuminata da occhi neri che gli sorridevano accattivanti, con i capelli bianchi e folti, ma ciò che la colpì erano le sue mani grandissime, quasi tre volte le sue. Quell’uomo si manteneva ancora in perfetta forma, una persona molto buona e generosa, con un carattere forte e deciso, corretto con tutti, gentile sia con il personale sia con gli allievi, sempre disponibile ad aiutare chiunque ne avesse bisogno. Di lui non si conosceva molto, si mormorava che all’età di diciotto anni si fosse arruolato volontario nella marina, poi le guerre, e una medaglia d’onore al valore; ogni mattina il loro saluto, era solo un cenno con il capo poi tantissimi sguardi l’uno all’altra.
Suonò la sveglia, e Jenny si avviò all’accademia, posò sulla cattedra i compiti poi incominciò a parlare dei navigli:
“Quale sia la magia di questi canali, è difficile capirlo, se esiste una calamita per artisti d’ogni razza, questa è proprio l’acqua, né chiara né dolce, ed il suo sistema ha un’origine antichissima, tutt’ora è uno degli aspetti più caratteristici e affascinanti da studiare. Esso serviva a scopo di difesa, ma anche a fornire l’acqua necessaria per la vita della città e per le attività artigianali come il trasporto delle derrate e delle merci.”
A fermare la sua esposizione fu il tenente colonnello Franzetti che comparve sulla soglia comunicando:
Signorina Jenny, l’ammiraglio Donovan l’attende in segreteria. –
Jenny prima di uscire dalla stanza disse:
Distribuisca i compiti e spieghi anche l’imponente opera di bonifica dei canali navigabili che troverà a pag. 1384 -.
Poi si diresse all’ascensore, e salì al quarto piano. Ogni venerdì si recava là, nella stanza della biblioteca per dedicarsi ad una piacevole lettura. Vi erano libri dal gran valore storico, enciclopedie d’altissima qualità, sacri e stranieri, ma lei amava le letture del mistero, d’avventura, qualche volta anche romanzi d’amore con le grandi parole dolci, dove non si riconosce la realtà dall’ immaginazione, dove ci si perde in un continuo inganno, un velo spesso ma invisibile che impedisce di respirare la vera aria che soffoca ogni capacità di reagire.
Jenny si fermò sulla soglia e sbirciò nella biblioteca, l’ammiraglio non c’era, ma prima di andarsene fu interessata da un libro che sporgeva dalle mensole, si avvicinò per sistemarlo agli altri, e si accorse che era un diario. La copertina marrone, di pelle morbidissima, era trascurata dal tempo, aprì il diario e le pagine alcune scritte, altre no; erano ingiallite. Quel diario era molto vecchio. Un colpo di tosse alle sue spalle la fece sussultare, si voltò e vide sulla soglia, la figura affascinante dell’ammiraglio Donovan che espresse:
Signorina Jenny venga con me. –
Jenny si recò fuori dalla stanza portando con sé il diario, si affiancò all’ammiraglio e attraversò il corridoio rosso entrando in segreteria, dove l’ammiraglio espose:
La prego si accomodi–
Aprì un cassetto della scrivania e prese un assegno già compilato, poi lo porse a Jenny informandola:
Questo è per le sue vacanze, arretrate , si ritenga in ferie ufficialmente da oggi, l’aspettiamo ad Ottobre. –
Jenny prese l’assegno, e il suo sguardo si soffermò sull’anello che portava lui al dito anulare della mano sinistra. Un anello con una pietra a forma di crocefisso, poi Jenny salutò l’ammiraglio con un cenno del capo ma prima di uscire dalla stanza lui le dichiarò:
Le auguro una bella vacanza. –
Jenny rimase colpita dal quel tono di voce così dolce, e regalandogli una lunga occhiata indagatrice e imbarazzante, ringraziò:
– Grazie, spero proprio che lo sia. –
– Uscì dalla stanza precipitandosi di corsa a casa per preparare le valigie prime che l’incantesimo potesse svanire. Entrata in casa, posò sul tavolino del soggiorno, l’assegno e il diario che per la fretta non aveva riposto, ma poi si pose una domanda: “In vacanza ma per dove? ”
– Seduta sul divano prese il diario e lo sfogliò; le pagine ingiallite dal tempo recavano il paese e la data di quando furono scritte: sessant’anni prima. Erano lettere d’amore, la prima apparteneva a lady, Jennifer Wan Wood che scriveva così: Sono qui con una gran tristezza a pensarti… sono lontana da te, ma riesco a sentire ancora la tua voce, il tuo viso mi appare ogni istante della mia giornata, mi sembra di averti accanto Ti adoro più di ogni altra cosa al mondo e questa lontananza si fa sempre più’ difficile… non vedo l’ora di vederti Mio amatissimo amore. Ti aspetto alle sette querce della torre… ti amo dolcissimo.
IL suo amore rispondeva così: solo i miei occhi che osservano i tuoi possono farti comprendere la profondità e la purezza del mio dolce amore… firmato Nelson. Jenny sfogliò altre pagine, ma non leggibili dal tempo passato, poi lesse, solo nella metà, un’altra di Jennifer: Soltanto ieri, mio amatissimo amore, ero ancora tra le tue braccia. Soltanto ieri… sento ancora ardenti i tuoi baci, il desiderio, i respiri come le emozioni violente. La pagina seguente apparteneva a Nelson: “ Mio caro pulcino, amore mio, chiudo gli occhi e le mie labbra sfiorano le tue mia piccola Jennifer, ti ho aspettato per delle ore, e quasi il cuore mi si fermava dal dolore per non averti vista, ti scrivo queste righe aspettando le tue, tuo amatissimo Nelson. Lei rispose vari giorni dopo: Come fai a trovare le parole che mi attraversano il petto e che giungono fino in fondo all’anima? Non so descrivere tutte le emozioni che provo quando penso a te, al nostro amore… siamo lontani e nello stesso tempo tanto vicini, la voglia di stringerti tra le mie braccia è ogni giorno più forte.
Jenny girò un’altra pagina era di Nelson e vi lesse: Per Sempre io vorrei poterti stringere tra le mie braccia e dirti cosa provo quando ti sto vicino… sensazioni mai provate prima… tu sei tutto ciò che voglio… …Amore mio il mio cuore porta il tuo nome per Sempre e nessuno potrà mai cancellarlo da lì… poi una di lei recitava Tienimi nel tuo cuore, fra i tuoi pensieri e fra le tue braccia… Tienimi sempre anche quando il tuo cuore si allontana dal mio e i tuoi pensieri invadono la tua mente…. Tienimi perché in fondo lo senti anche tu questo sentimento che ci ha uniti e sempre ci unirà… Tienimi semplicemente perché mi ami!!! Per Sempre tua!!! Per Sempre amore mio!!!
– Per ultima lesse quella di Nelson: La lontananza non potrà mai cancellare i ricordi meravigliosi che ho di te, i momenti vissuti insieme. Adesso il nostro amore è distrutto da questa distanza incolmabile, di lunghi silenzi che invadono la mia mente, solo nella mia solitudine e con il cuore a pezzi perché tu non sei con me, vorrei dirti tante cose, ma non ho più la forza… voglio dirti solo che mi manchi amore mio e aspetterò lche tu risponda alla mia con fervida emozione.
– Il tempo poi fece da padrone stingendo la scrittura dei due giovani innamorati. Jenny chiuse il diario ora, sapeva, dove andare in vacanza, sospirando pensò” Mia cara Jennifer vengo a trovarti”
( seconda parte.)
Si diresse verso la camera, da letto e dall’armadio prese golfini, camicette, jeans e per ultimo, un bel vestito nero da sera, lungo, con scollatura dietro le spalle, era pronta per partire, destinazione Sant’Elena , prese le valige e si diresse a prendere la corriera.
La mattinata, luminosa quando l’aveva lasciata si era fatta scura e minacciosa e l’aria che le sfiorò le guance era umida di pioggia. Quella mattina, prima di partire, aveva scelto con cura l’abito da indossare, nero, dai bottoni dorati. S’infilò il completo, calzò le scarpe e, rimirandosi nello specchio, asserì soddisfatta: raffinata e disinvolta, era l’immagine che voleva esibire. Ma sopraffatta da un improvviso senso di colpa sussultò perché si era vestita in quel modo per far colpo su chi? L’unica risposta alla sua domanda fu che si sentiva sola.
Orfana all’età di dieci anni, si dedicò completamente agli studi. Un solo amore all’età di diciotto poi alcune storie non serie ed ora all’età di ventisette anni lei era malinconicamente sola. Non si vedeva bella, aveva i capelli troppo mossi del colore del rame, pelle molto chiara, gli occhi di un verde smeraldo che la gente sembrava trovare inquietanti, la bocca troppo grande per un viso tanto minuto, snella con il ventre piatto e i seni piccoli. Un empito di tenerezza la sommerse e per un attimo si promise che tutto sarebbe andato bene. Stava per raggiungere il paese e mentre la corriera procedeva tra il profumo dei fitti cespugli di giunchiglie gialle, si soffermò a contemplare la bellezza del paesaggio che si estendeva davanti ai propri occhi .
In primo piano i ciuffi d’erba, ancora, bagnati di rugiada, ondeggiavano sotto la leggera brezza primaverile; cespugli di more spiccavano qua e là sul prato verde brillante e due alberi, altissimi parevano sorvegliarlo.
I colori dei tronchi variavano dal bronzo all’oro e la chioma dell’albero di destra mutava dal verde al rame.
In secondo piano si scorgeva la valle; una vecchia baita isolata spiccava vicino a un albero solitario,
e ai piedi dei monti sorgeva un caratteristico borgo antico. Sullo sfondo le montagne si allungavano verso un fitto bosco. Sulle cime più alte s’intravedeva ancora un po’ di neve che in alcuni punti brillava alla luce del sole e sembrava riflettere il cielo.
Il cielo azzurro, cosparso di nuvole bianche, sovrastava la catena montuosa, creando un’atmosfera piacevole e rilassante.
La figura dell’autista dalle ampie spalle comunicò
Siamo arrivati. –
Ed eccola Sant’Elena, paesino che immediatamente catturava per il suo panorama incantevole di costruzioni in pietra e legno che poggiano su corte colonne a forma di fungo. Nel centro del paese vi trovò una gran festa, suoni incessanti di bande, urla di venditori, spari di mortaretti… una folla pregava, e si udivano invocazioni al miracolo, urla toccanti, offerte di ex voto in cera e di metalli preziosi, oboli in denaro e di animali… poi le processioni e allora ecco una marea di fedeli che si accalcava per seguire il tragitto della «vara»; migliaia e migliaia di pellegrini, provenienti da tutta la Provincia, percorrevano il paese. La «vara» veniva portata avanti e indietro per continuare la tradizione dei “viaggi”, e seguitare il pellegrinaggio della Santa che, come narrava la folla gli dava il tempo di fare i miracoli! L’atmosfera della festa era molto toccante e si caricava di forte misticismo. Mani che si levavano in alto invocanti, fazzoletti che strofinavano la statua per «asciugarle il sudore», occhi che si bagnavano di pianto; da ogni volto ecco trasparire un profondo sentimento di fede che si promulgava fino ai piedi del massiccio del Monte, situato nel cuore della conca dominata dal ghiacciaio, dove infine veniva deposta la Santa.
Ed è lì che in quel preciso istante un brivido le salì per la schiena, la invase tutto il corpo e le fece passare la fatica di un lungo viaggio, e del camminare con la processione.
Jenny poi si diresse in una locanda, chiedendo al proprietario:
Una camera preferibilmente con bagno interno. –
Il proprietario chiamò Marc, un giovanotto di colore per trasportare le valigie di Jenny alla stanza 32, il gestore poi comunicò allo sceriffo i suoi dati anagrafici. Jenny s’immerse in un bagno caldo e, l’odore del bagnoschiuma, invase tutta la stanza; era molto bella, forte e decisa. Lo confermava il modo diretto con cui guardava l’altro, dalla sua maniera di muoversi e di parlare. C’era qualcosa d’affascinante, in lei, piccoli dettagli che contribuivano al suo stato d’animo. Piccole cose, niente di particolare, però cose che le davano un gusto alla giornata molto piena, che oltre all’ insegnamento si occupava di comunicazione con i ragazzi, analizzando insieme a loro quello che c’era dietro a un comportamento o un atteggiamento violento, una donna che sperimentava ogni giorno su di sé quanto era difficile trovare il senso della vita e molte volte trovandolo non bastava a condizionare i comportamenti violenti. Ma proprio qui stava la sfida per lei, far capire che un atteggiamento violento non rispettava affatto il senso civico.
Il giorno dopo il bussare di continuo vicino alla porta la svegliò, la cameriera entrò portandole un vassoio recante, la prima colazione, latte, caffè, toast e marmellata. Jenny si rinfrescò e assaporò il tutto, uscì poi con il proposito di recarsi in cerca delle sette querce. Nell’atrio ad attenderla c’era il vice sceriffo, che la chiamò:
Signorina Thempleton, lo sceriffo di contea l’aspetta. –
Jenny contrariata lo seguì, e dopo qualche isolato, arrivò all’ufficio dello sceriffo Thompson. Nel momento in cui entrò, lo sceriffo non c’era, e lei sbuffò, sapendo per esperienza la burocrazia degli sceriffi di contee, quella loro flemma, il viso paffuto come la loro pancia, quando cercavano spiegazioni sul perché, portasse i suoi alunni ai canali navigabili.

Terza e quarta parte…

Lo sceriffo Thompson entrò dieci minuti dopo nell’ufficio salutando in modo garbato:
– Mi chiamo Geffrin Thompson, sceriffo di questa contea.-
– La voce era profonda e straniera che indugiava sulla sillaba, facendo vibrare l’eco delle vocali, aspra e indecisa ma amichevole, senza per altro volersi imporre, e lei conscia di un paio d’occhi grigio-azzurro puntati sul proprio viso emise un profondo sospiro e fu quasi lieta di quell’interruzione dei suoi pensieri che le domandava:
– Mi dica, perché è qui a Sant’Elena? -. Disse lo sceriffo estraendo dal cassetto dei fogli di verbale poi espose:
– Personalmente richiedo informazioni ai turisti per la loro visita. Cosa l’ha portata fin qui?-.
– Jenny osservò il suo volto, gli occhi erano attraversati da lampi e ombre inquietanti, ed il suo sorriso non era per niente rassicurante, poi riferì’:
– Voglio visitare la tenuta dei Wan Wood -.
– I Wan wood? Sono più di cinquant’anni che il vecchio marchese e morto e della sua giovane figlia non si seppe più niente -.
– Dichiarò lo sceriffo meravigliato che un turista chiedesse della tenuta, ormai dimenticata dal tempo, e dallo stesso paese.
– Jenny intervenne:
– Più niente… perché cosa gli’è accaduto, è morta?-
– Geffrin espose
– Sessant’anni fa la marchesina scomparve, secondo il padre la rapì il giovane scudiero Nelson, un ragazzo di modesta famiglia, da prima aiutante nelle scuderie, e in seguito innamoratosi di sua figlia. Ormai sono cinquant’anni che il castello è rimasto abbandonato.–
Lei chiese:
– Perché affermò che fu il suo giardiniere a rapirla? -.
Geffrin le rispose, accendendosi una sigaretta:
– Contemporaneamente alla sua scomparsa non si trovò neppure lui. In seguito, il padre fece delle ricerche ma, furono vane. Di loro non si seppe più niente. –
Jenny poi sostenne una richiesta:
– Questo pomeriggio mi accompagnereste alla tenuta?-
Geffrin le replicò:
– Certo, ma sarà difficile riconoscere il luogo, il tempo passato deve aver seppellito il tutto dietro una montagna di giungla. –
Quel pomeriggio lo sceriffo Geffrin la condusse su in cima, ma della tenuta e del castello nessuna traccia, in compenso rimasero ad osservare la valle: cosa dire… fortunati i suoi abitanti pensò lei, che osservavano i meravigliosi colori con i quali si tingono le rocce, una sfumatura che con la potenza del sole e al variare della sua posizione faceva assumere ai macigni luminosità diverse, nelle varie ore del giorno, ma al tramonto, quella distesa assumeva un’intonazione rosata è un’emozione premiava l’intimo, il gusto del raro e dell’esclusivo; uno spettacolo di fronte al quale non era dato di immaginare nulla di più emotivo ed entusiasmante, ma, nel contempo tranquillizzante e rilassante; qualche momento ancora di contemplazione di quei colori, perché solo un momento era la durata del fenomeno, quasi un premio dopo la sana stancante passeggiata della giornata: una riconciliazione, con la sua anima per non parlare del silenzio che lei non era abituata ad ascoltare, ed ora compariva tutto il complicato, apparentemente infinito, gioco della mente, del pensiero, delle emozioni, delle definizioni e dei ricordi, e dei progetti. Quel senso…di qualcosa che gli era sfuggito, che non aveva afferrato…Quel baratro doloroso che di tanto in tanto, come una veloce lama, la dilaniava lo stomaco posto lì, nella zona del diaframma per un po’ ospite inatteso, saltuario ma fisso, e d’un tratto Jenny cominciò a domandarsi se per caso Geffrin le avesse letto nel suo cuore un disperato aiuto d’amore e immediatamente riferi:
– Ho trovato nella biblioteca, dove insegno ingegneria, lettere d’amore di loro due, e non credo che lui l’abbia rapita. –
La interrompe Geffrin:
– Perché non crede che sia stato lui? -.
– Perché loro erano tutte due innamorati, ed il loro amore era un dolce fremito…un brivido…poesia, ricchezza … una morbida carezza nel cuore …perché l’amore era tutto per loro !!-
Confermò Jenny, spostando con le mani erbacce e continuò col dire:
– lui non aveva bisogno di rapirla, il suo sentimento ha lasciato i segni nel loro cuore, nelle proprie anime e la voglia di vivere tutto questo, era un forte desiderio ovunque lui fosse andato, poiché partì vari giorni dopo averla aspettata in vano. -.
Geffrin aiutandola, diede una versione del tutto personale all’accaduto:
– Non c’è cosa più bella dell’amore ed essere amati! ! Ma penso che non basti come prova di scagiona mento… essere innamorati. Più di una volta ho provato a convincermi che esistesse l’amore, ma quando ero sul punto di sfiorarlo con le mani, si sgretolava come polvere mai esistita. Credo a questa forza che riunisce e distoglie; ma il mio credere è profano perché non ho mai toccato con mano il sentimento e in certe cose la fede non conta… Penso che la parola “Amore” si usi troppo a sproposito e che ha un significato troppo grande per essere distrutto a parole, dopotutto “l’emozione non ha voce”. La cosa più brutta è amare qualcuno che non ti ricambia, come lo scudiero per la contessina, allora l’amore diventa qualcosa di molto pericoloso: è come un tormento, un’ossessione… l’amore è sempre più forte della volontà, perché l’amore non è razionale e non lo puoi comandare in nessun modo. Un amore maturo e consapevole della sua stessa impossibilità di esistere, ma che tuttavia si svela un’implicita disponibilità a sfidare tutte le convenzioni in nome di quel sentimento, come commettere anche un crimine… –
(quarta parte)
A Jenny non quadrò quell’ipotesi ed intervenne:
“Ti sbagli loro erano innamorati entrambi di un sentimento pulito, che da una forza interiore che ti permette di andare avanti, anche nei momenti difficili, ti spinge sempre avanti per farti arrivare alla felicità. E loro erano felici, l’uno tra le braccia dell’altro, consapevoli che l’amore è una forza, irrazionale che ti travolge e t’investe con la sua potenza. E’ il più nobile, il più magico dei sentimenti. E’ questo loro lo sapevano, lo scrivevano nelle loro lettere perché lo vivevano e solo quando non vi trovò la sua lettera dopo aver, aspettò per dei giorni, lui partì. Quale motivo avesse avuto rimanendo ad aspettare la sua lettera se poi a rapirla fosse stato lui. Qualcun’ altro l’ha rapita -.
Geffrin pensò che forse quell’ipotesi fosse giusta, ma poi si pose una domanda” Se Nelson era innocente, perché allora non si riscattò di ciò che accadde quel giorno?”. Girarono ancora un po’ di fronte a loro solo montagne, giganti buoni protesi verso il cielo e poi ridiscesero verso il paese. Geffrin pensò molto a quel sentimento strano che gli faceva capolino nel cuore, quando guardava gli occhi di lei che gli ricordavano le vaste distese di terra in una conturbante mescolanza di spigoli e morbide curve, ma una nota fredda riuscì a fargli vibrare il cuore nell’attimo in cui si rese conto che lui la desiderava, che gli, sconvolgeva l’anima e il corpo, rimettendo in ballo quelle certezze e modi di pensare che fino a quel momento riteneva saldissimi!
Quella notte Jenny ebbe un incubo, era in cima a una torre a scrivere a Nelson…eppur ti vorrei. Ti vorrei come si desidera l’acqua nelle onde soffocanti del deserto, ti vorrei come il condannato a morte desidererebbe un attimo ancora di vita. Ieri mi hai stretta tra le tue braccia ed io faticavo a scorgere dove finisse il mio braccio e dove invece iniziasse il tuo. Quel contatto mi faceva entrare in te e non ne uscivo, non ne uscirò mai. Le lacrime, il dolore, a cosa servono adesso se non puoi accedere nel mio cuore e leggerne le cicatrici e le piaghe dei miei unici pensieri. Dirti addio sarebbe come diventare cieca perché dopo di te non vedrei più nessuno. Mio ardore, vita della vita mia, soltanto ieri ero tra le tue braccia…
Il vento che entrò nella stanza la svegliò. Jenny si sentiva turbata, e rimase così per pochi istanti con il baglio di luce che rifletteva nei suoi occhi verdi, una tenera emozione di un amore perduto che quando finì gli procurò una sofferenza indicibile, tristezza, delusione, senso d’angoscia, sensi di colpa e fallimento, una sensazione di abbandono che gli piombò addosso appena realizzò che Nelson non gli apparteneva, che non esiste un “noi” e l’amore era solo un’illusione.
Più tardi di buon mattino, passeggiava tra il paese, ammirando l’acqua che sgorgava come per incanto dalla terra. Nonostante la vicinanza con numerose città, la campagna circostante era ancora molto bella, ricca di vegetazione e popolata da numerosi animali. Soprattutto, quel posto era un luogo di pace in cui immergersi per ritrovare un po’ di serenità, camminava lentamente, osservava tutto con interesse, i viottoli stretti si diramavano su due versanti, e quando giunse in fondo al borgo, s’incamminò per il sentiero, dove i raggi del sole penetravano attraverso il folto dei pini accendendo di luce la brina, che pendeva tra le foglie. Quando giunse al vialetto, vide Geffrin vestito in un elegante completo grigio scuro e camicia bianca, che se ne stava appoggiato con le spalle contro lo sportello dell’auto con aria spazientita, il sole gli illuminava il volto. Assorto, perso in qualche pensiero, dava un’impressione di caparbietà e di durezza. Un’aria di pericolo gli aleggia intorno alla bocca senza sorrisi, e un senso di forza s’irradiava da tutto il suo corpo. Lei avanzò e lui in preda ad una forte emozione la osservò attentamente, indossava un paio di jeans molto aderenti e una maglietta blu, che gli dava un’aria giovanile e molto seducente, poi con colloquiale inflessione disse:
Ti credevo già in cima, ho pensato di darti un aiuto con il ritrovamento del castello, cercheremo nel paese di reclutare tanti giovani volontari che ci aiutino con le sterpaglie ritrovando così il sentiero della tenuta. Poiché credo che questa storia tu l’abbia presa molto a cure, qualche collegamento con te? –
Jenny si sentì colta nel segno, la sua solitudine era visibile, poi lo guardò e con voce triste rispose:
Avevo sedici anni quando m’innamorai seriamente di un ragazzo più grande di me, Liuk. Lui non sapeva nemmeno il mio nome, né che esistevo, mentre io cominciavo a fissarlo di nascosto, il mio pensiero andava sempre a lui, e mai, mai nella mia vita ho trovato il coraggio di esprimere i miei sentimenti. Un classico amore adolescenziale, almeno in principio. Con il passare dei mesi diventò un’ossessione. Mi teneva sveglia la notte e assonnata di giorno. La mia mente era solo per lui….Passarono tre anni, ma lui era ancora dentro di me. Così sono stata innamorata ma senza mai amare, l’ho amato di nascosto, amato da lontano, e riempivo un diario di lettere dedicate a lui, quelle che non lesse mai, sempre in segreto,sempre in silenzio. Nemmeno dopo l’adolescenza ho fatto passi avanti, anzi se possibile mi sono chiusa ancor più in me stessa, gli amici facevano le prime esperienze, io rimanevo indietro, poi ognuno ha preso la propria strada, gli amici hanno cominciato a mancare e oggi mi ritrovo sola. Mi sono dedicata solo alla mia professione ed ho chiuso l’amore fuori della porta –
Geffrin poi aggiunse:
Quanto può far male un amore non corrisposto. Pensi che voler scoprire la loro storia, ti faccia riaprire la porta? –
Jenny, annuì:
– Fa veramente male è un dolore che non riesci neanche a descrivere e il problema è nascondere il dolore perché gli altri non vedano che non sei quella ragazza sorridente di sempre che non soffre mai, ma poi per non impazzire devi accettarlo, consapevole del fatto che non può esserci nulla oltre. Purtroppo però pur nella consapevolezza di ciò, stavo sempre peggio, evitavo puntualmente tutte le situazioni in cui potevo soffrire.
Geffrin l’afferrò per mano e ridiscesero il sentiero per andare in paese
Lui si sentiva confuso, avrebbe voluta stringerla, donarle con sincerità il proprio cuore ed i propri pensieri, aprire a lei la propria anima e mostrarla in tutta la sua disarmante e disarmata nudità. Avrebbe voluto accarezzarla e sentirla in tutta la sua interezza; mentre nella mente di Jenny s’affollavano discusse problematiche: amare una persona era non volerne il possesso ma la sintonia, non rapirne l’anima, ma rapirsii in lei, una carezza data prima ancora che lui si accorga di desiderarla, è il sentire insieme, è il sognare insieme lo stesso sogno ma anche il sapere di esserci sempre l’uno per l’altra.
Amare una persona per Jenny era volare con lui negli spazi infiniti e profondi dell’amore, era l’essere che non annulla l’io e il tu, ma li potenziava e rafforzava sempre, e ora lei sentiva questo ogni volta che passava del tempo con Geffrin.

Quinta e sesta parte…

Entrarono nella locanda in silenzio, poi Jenny s’accomodò ad un tavolino e lui le domandò:
Posso farti compagnia? -.
Si presentò al loro tavolo Marc apparecchiando per la cena. Portò antipasti, un primo piatto che Jenny gradì moltissimo e per secondo piatto una bella fettina di vitello con patatine e insalata, Geffrin ordinò per terminare, due coppe di gelato: panna e cioccolato. Finita la cena Geffrin s’informò:
Per quanto tempo rimarrai nel nostro paese? –
Jenny affermò:
Ho due mesi di ferie. Tu sei di qui? Sei fidanzato, hai dei familiari. –
Geffrin guardò fuori e confermò:
I miei genitori emigrarono dal Kansas, molto prima, che io nascessi. Trovarono un bel pezzo di terra fuori del paese e misero le radici, non sono fidanzato, figlio unico come maschio, ma con una sorella di sei anni più grande di me; i miei genitori sono morti e io sono cresciuto nella grande città, da una mia zia, dopo le scuole mi arruolai nella polizia e poi alcuni anni fa feci domanda per ricoprire la carica di sceriffo di contea e ora eccomi a Sant’Elena. –
Jenny lo guardava affascinata, sentiva forte l’attrazione per lui e lui la guardò compiaciuto e rivelò.
” Nessun amore ancora, ma presto aprirò una porta”. –
Lei arrossì, lo salutò e si diresse in camera sua, immergendosi in un bel bagno d’acqua profumata. Era ciò che le serviva, era il suo toccasana; accarezzava l’acqua così dolcemente da riuscire a non formare altra schiuma, e dopo fatto il bagno si diresse nella stanza avvicinandosi alla finestra, e guardando il paese senza accorgersene si trovò a pensare a Jennifer. “La vide circondata da giovanotti dagli abiti impeccabili farle la corte, ma lei si nascondeva dietro un velo di seta nero, cercando di scorgere il suo amore più grande della propria ombra, un ragazzo bruno, snello, dai grandi occhi neri rincorrerla e lei impacciata, da quel suo vestito, largo con fiocchi blu scappava per essere presa. Correvano, giocavano felici e innamorati. Lei era bellissima tra le sue braccia, mentre lui gli recitava poesie di grandi autori. Poesie che le descrivevano il suo amore per lei.”
Jenny si destò accorgendosi che il suo stato d’animo aveva contribuito a imbastire una bella visione. L’amore appunto non avvisa, e per questo non ha età. Ti colpisce quando meno te l’aspetti, come una freccia scoccata dall’angelo dell’amore,come un fulmine,e quando ti ha preso,se è vero amore è veramente difficile che se ne vada.
Nell’ufficio di Geffrin si presentarono una quindicina di ragazzi, che poi formarono due squadre d’intervento che si alternavano tra loro. Tra i ragazzi del posto, c’era Cleri figlia del sindaco, Mark primogenito del ragioniere, Simon rampollo del senatore, si c’erano proprio tutti e si portarono in cima al colle per liberare i sentieri dalle erbacce, sterpaglie, foglie cadute quasi come volessero di seppellire un passato nostalgico, dove gli eventi s’ingarbugliavano in una triste storia.
La famiglia dei Wan Wood, da cui il nome al castello, comparve per la prima volta nel corso del XIII secolo quando, dopo aver acquistato l’antica rocca, Wan Wood cominciò a trasformarla nella sontuosa residenza di famiglia. La famiglia Wood era una delle più antiche, se non la più arcaica famiglia nobile del posto, che attestazioni documentarie facevano risalire almeno al XII secolo.
La famiglia s’annidò alle porte del paese, e con il tempo costruì il più potente castello della zona. Grazie ad un’accorta politica matrimoniale i Wood entrarono in possesso di numerosi ed importanti diritti e proprietà in tutta la valle, condizionando, nel bene e nel male, la popolazione di Sant’Elena, la cui dipendeva strettamente dalla loro influenza politica ed economica. Fino alla metà del XVI secolo la dinastia riuscì a tenere unito il patrimonio, consolidando sempre più la loro potenza e ricchezza,
I ragazzi lavoravano tutti con entusiasmo, e impeto, alla ricerca del castello, che veniva disegnato come fastosa residenza nobiliare, arricchita da torrette angolari massicce, con doppie cortine e fossati.
L’aria che si respirava era effervescente e prevaleva sul quel piccolo dispiacere, di quel vecchio dolore di un marchese per sua figlia.
Tutto si stemperava in quel paesaggio delizioso, con il sole splendente, vi dimorava solo un immagine preziosa nel cuore palpitante di ogni giovane, emozioni vive, intatte, le quali rendevano l’atmosfera lavorativa accogliente.
Jenny non aveva mai avuto una comitiva fissa ma, ma a periodi alterni della sua vita, seppur con le dovute titubanze, eppure ora in quei ragazzi vi leggeva tanto trasporto per un credo in comune, per una libera scelta di esplorare il passato, di immergersi in un mondo antico non congeniale affatto alla loro indole.
Dopo vari giorni di lavoro alcuni di loro rappresentarono una piccola recita, Cleri s’incamminò verso il sentiero con la testa eretta, le braccia lungo i fianchi, fingendo di mantenere un lembo del vestito realizzato in fine broccato impreziosito da passamanerie dorate e da fiori sulla punta dell’apertura sul davanti della gonna sfarzosa, al suo passare Bill il terzo della fila gli fece un inchino, togliendosi il finto cappello dalla berretta a tozzo cilindrico di panno nero , Simon gli recitò:
Miss, vuole il calesse…-
No! – intervenne Mark – e Simon salutò:
Signor conte, che piacere vederla. – Mark sfoggiò armi e vessilli di colore verde
Accompagno io la contessina Cleri – ripeté scherzosamente.
I ragazzi applaudirono, poi uno di loro asserì:
– Chissà se l’essere nobile acquisiva oltre al potere, soldi e sfarzo, il senso di libertà?
– Libertà per cosa. – rispose Mark, – sono un nobile, un conte, faccio quello che voglio, corteggio le più belle nobildonne, do ordini che altro potrei desiderare di più?-
Jenny ribadì:
“Purtroppo l’uomo libero era sinonimo di guerriero, oppure era equiparato a un fuorilegge. Nessuna libertà di scelta, di libero arbitrio, di amare chi si volesse…-
Interruppe Cleri:
Certo che puoi amare chi vuoi, se hai i soldi e il potere, solo che è sempre meglio scegliere chi è ricco come te, altrimenti inciampi in quel quesito “ vuole me, o i miei soldi? –
Geffrin intervenne:
In quel mondo non c’era il libero arbitrio ma sola oligarchia. Dobbiamo tener conto della fede religiosa e non, dell’autorità patriarcale delle famiglie nobili, della società dell’epoca, i titoli paterni venivano ereditati per lo più in linea maschile dal primogenito e che il paterfamilias comandava sulla propria famiglia in maniera quasi “assolutistica”. Per il mantenimento del lignaggio e del patrimonio, o per il possibile accrescimento di quest’ultimo, diventò via via sempre più essenziale un’accorta politica matrimoniale, e in alcuni casi l’ossessione fece sì che i nobili, per evitare una mescolanza con il rango inferiore, tendessero a prediligere una sostanziale “endogamia di classe”, dunque preferivano matrimoni solo con i loro pari. –
Quella sera terminato il lavoro, i ragazzi si fermarono nella piazza del paese per un falò, con canzoni e ballate, al loro raduno si unii, il sindaco e l’assessore che propose:
Riportiamo il castello al suo splendore, in modo che diventi una tappa per i turisti. Rispolveriamo un po’ della sua storia, ricreiamo la magia dell’epoca, e perché no, riportiamo l’onore ai Wood –
Poi si voltò verso Jenny con enfasi:
– E’ merito suo che questi ragazzi sono uniti da qualcosa in cui credono, ad opera finita, nel castello daremo una festa in costumi d’epoca e, sarà dedicata a lei, signorina Jenny.-
– Jenny notificò:
– E’ solo merito dell’amore che univa Jennifer a Nelson-
– Geffrin intuì:
– Giusto! Lo chiameremo il castello dell’amore perduto. –
(sesta parte)
I viali riprendevano vita, le strade fatte di terra battuta mostravano l’eleganza di una parte d’epoca passata, i gusti e la fatica di schiavi per mettere in risalto lo splendore e l’eleganza di una nobiltà decadente, già in crisi con, la politica di allora. I giorni passavano e il lavoro dei ragazzi dava i suoi frutti, il falegname, costruì due carrozze coupé per il trasporto, chiuso ma a soli due posti, e il calesse aperto, il landau, dotato di capote , con verniciatura di verde per il carrettino bombè. Le sartorie confezionavano abiti di panno «casimiro» e , velluto di seta operato d’Olanda, mentre le pasticcerie sfornavano dolci a forma di castello. La vita di quel piccolo paese si sviluppò piacevolmente, gli affari dei commercianti, divenne più florida con i primi turisti.
Jenny sedeva al tavolino della locanda pensando dispiaciuta che da lì a poco sarebbe ripartita, nonostante il mistero della scomparsa di Jennifer non era stato risolto, lei doveva ritornare nella sua città, alla propria vita solitaria che secondo lei, la pace esteriore della solitudine, proteggeva la serenità interiore del cuore. Allora perché si sentiva stretta da una morsa conflittuale, partire oppure restare? Poi provò un tuffo al cuore, quando sentì la voce calda e sensuale di Geffrin, mentre gli comunicava
” Nessuno vuole sapere la verità del suo destino, a quanto, pare, neppure tu. Vero? . –
Lei si voltò ed aspramente deliberò:
” Certo che m’Importa! Io ho fiducia nel loro amore, lo stesso amore che li faceva sentire vivi capace di sconvolgere la propria vita in egual misura nel bene e nel male. Poiché per quante mete si possono raggiungere, penso che nulla eguagli la sensazione di dare e di ricevere amore… Anche se a volte l’esigenza di sentirci appagati ci porta a credere di essere amati, a idealizzare chi ci sta accanto, ma tutto ciò che non è solido col tempo finisce per corroderci… e ci si convince che si può star meglio pensando a se stessi, ai propri obiettivi, si crede che basta questo per essere felici, evitando così di restare coinvolti in “pericolosi” sentimentalismi, frutto di una sproporzionata irrazionalità e debolezza. Ma sono convinta che non è stato così per loro e spero solo che se mai in questo momento abbiano saputo del ritrovo del castello, verranno per dichiarare la loro verità. –
Geffrin corresse:
” Ne dubito, amare è un rischio che non tutti hanno il coraggio di affrontare, Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce… credo ancora alla prima versione, lei è stata rapita da lui, e quelle lettere siano solo un depistaggio…

” Perché? Per l’amor di Dio, perché l’avrebbe fatto, perché.- concitata gridò Jenny.
” Lei non l’amava, – attestò Geffrin e continuò
” Lui era invaghito più del lusso che di altro, tutto qui, squallido ma vero. –
No, lei non ci credeva, era vero che non conosceva la loro storia, dall’altra parte non poteva essere sicura della sintesi di Geffrin, e non era neanche sicura a stabilire se inseguire una “certezza” investigando o rimanere con un sogno. Ma in cuor suo optava per fantasticare che il loro era un amore vero, suscitato da grandi sentimenti ed emozioni. L’amore vero non nasce dal nulla, non si realizza per caso. Perché aldilà del batticuore dell’innamoramento, dello sconvolgimento della passione, l’amore vero è quello che viene e si prova quando l’abbagliamento iniziale comincia a stemperarsi e il cuore si scioglie in un abbraccio più ampio e profondo.
Ma lui sovvenne come un fulmine al ciel sereno ciò che lei non avrebbe mai voluto sentire:
– Tenendo conto che sono passati anni d’ignoto mistero, io penso che siano morti e che lui infine l’abbia uccisa . –
Lei scosse il capo e salì nella sua stanza, lasciandolo solo.
– Le poche lettere che si erano scambiate dopotutto dicevano ben poco dell’uno e dell’altra … di certo il suo sogno di saperli innamorati passava oltre ogni ostacolo, fiumi, e vaste sfere celesti, s’addormentò e si vide in sogno con Geffrin che lo aspettava sul ciglio del cancello di casa sua, vestita con jeans e maglietta gialla. Capelli sciolti, un rosa miele sulle guance, del lucida labbra, paglietta con fiore e fiocco giallo e, sandali ai piedi; lui arrivò in moto, lei montò sulla motocicletta e partirono per il santuario. Arrivati, fecero una lunga passeggiata, lei non parlava e nemmeno lui, in ogni modo non sapevano cosa dirsi. A un certo punto della passeggiata il vento le portò via la paglietta allora lei si fermò a fissare con lo sguardo malinconico le acque spurie, e oltre ammirò in tutta la sua sfolgorante bellezza la chiesa della Madonna della Quercia, che si affaccia maestosa sul bacino lacustre, dando l’impressione di allontanarsi ondeggiando per poi congiungersi al fiume; Il vento le spettinava i capelli, e lei risplendeva uno stato d’animo di dolcezza emozionante, raggiante come il sole, sensuale come le onde spumeggianti, vulnerabile come la tenue luce della luna. Andavano in riva a piedi scalzi e, tra un’ondata e un’altra si davamo alla fuga verso il terriccio asciutto, e lui gli recitava:
” Non dimentico il tuo bacio,
boccone amaro sull’altalena di un sogno
che per un attimo nella notte,
grida briciole di poesia.
Ho chiesto alle stelle
Lasciate che accadi di stare senza lei.
Ma poi morirei!
Preziose sono le catene che
come lamento ti vedono sola.
Violata l’identità del poeta…
voce della natura, forza dell’amore,
e dei nostri giorni di passione.
E lei si sentiva confusa dentro il cuore, quando lui la baciò e la strinse a se, sentendo che non avrebbe mai più voluto perderlo e lui trovando un pizzico d’audacia disse:
– Quando facciamo l’amore, io so che tu mi ami; sento che ci apparteniamo, e mi riconosco un uomo insignificante quando tu mi sei lontana; sposami mio piccolo angelo, chiudi nel tuo pugno i miei pensieri e resta per sempre mia, nel corpo e nell’anima. -.
Si Amore… Amore… il mio cuore non fa’ che chiedermi di te. – rispondeva lei- ho ancora adesso il sapore di te, della tua pelle, delle tue labbra… e non riesco a dimenticare quanto sei importante. Sì… sono perdutamente innamorata di te.

Settima e ultima parte…
Una ragazza della seconda squadra la svegliò avvisandola che avevano liberato tutto il sentiero che portava al castello. Si sentì smarrita per un attimo, delusa dal crudele risveglio che le portava comunque il cuore in tumulto; si precipitò alla tenuta, ed eccolo comparire imponente e maestoso il “suo” castello. S’incamminò nella tenuta che comprendeva le abitazioni del feudatario, dei soldati, degli agricoltori, degli artigiani e dei servi. E inoltre, le scuderie, i magazzini, i forni, i laboratori…; insomma, tutto quel che occorreva al castello stesso e a coloro che vi abitavano. La vasta estensione del complesso testimoniava la volontà ordinatrice dell’architettura riuscita a piegare a scopi difensivi la difficile orografia del territorio montano circostante. Nei livelli inferiori si intravedeva una serie di cinte murarie, esito della secolare trasformazione del castello da fortezza difensiva a fastosa residenza nobiliare. Sfarzo e raffinatezza erano le parole più adatte per descrivere le 150 stanze del castello che profumavano di nobiltà, tra queste spiccava per eleganza la stanza del Marchese interamente rivestita di legno cimbro. Al piano terra c’erano i magazzini con le provviste dei viveri, al primo piano un grande stanzone, dove il signore, la sua famiglia e i suoi ospiti si radunavano, e mangiavano, poi c’era la stanza del Camino caratterizzata dal bellissimo caminetto rinascimentale, e lì, vide il ritratto di Jennifer, seduta su un divano, avvolta da una tristezza indecifrabile.
Jenny si recò in ogni stanza per trovare tracce della lettera mancante, ma non trovò alcun indizio. Poi delusa ed amareggiata sospirò ad alta voce:
chi ti ha, rapita Jennifer?. –
Il lavoro di restauro continuò per diverse settimane, si trovò il sentiero che conduceva alla torre, un viottolo con delle architetture non particolarmente seducenti, un vasto promontorio e le querce.
Un pomeriggio lei e Geffrin rimasero soli nella stanza di Jennifer, lui gli comunicò che l’inaugurazione del castello si sarebbe tenuta l’indomani, poi dà i suoi occhi Geffrin percepì una nota dolorosa che riuscì a fargli vibrare il cuore e preso da una forte emozione all’improvviso lui si chinò, la strinse con mani forti la testa e la baciò. Soffocò le sue grida di protesta in un bacio bruciante, Jenny sentì qualcosa che la colpì del tutto, impreparata, un brivido attraversarle la schiena, mentre la sua mano prese ad accarezzarle la spalla, la nuca, a scivolare sotto i suoi capelli, desiderandosi entrambi emozionati. La sua bocca se ne impossessò tentandola, calda e dolce e provocando infiniti brividi al suo corpo, lui la cinse con le braccia, schiacciando il suo torace muscoloso contro i suoi seni. Erano così vicini che piacere e attrazione interagivano in modo magnifico. la strinse ancora di più, non aveva alcun desiderio di pensare, di mantenere la calma, voleva solo sentire e avere quell’attimo, e lei gli strinse le braccia intorno al collo, avvicinandosi ancora di più a lui. Tremava voleva quell’abbandono e gioire d’ogni singola sensazione che l’attraversava come una tempesta. Il suo corpo si era fatto del colore del miele, caldo, dorato, pieno di piacere selvaggio che si era acceso come una fiamma. Non si era mai sentita altrettanto viva, e non riusciva a ricordare un altro attimo simile a quello tra le sue braccia. E lui la tenne stretta a se nell’oscurità, con la paura nel cuore; temendo che quell’intensità di passione travolgente, tra baci e carezze, svanisse, ritrovandosi così nel più buio totale, atterrito dall’idea di perderla, e di non sentirla più sua.
L’alba li trovò abbracciati ancora.
Per l’inaugurazione Jenny indossò il suo abito nero. Lo indossò lentamente, mentre nella sua mente era vivo il ricordo della notte precedente passata con Geffrin. Abbottonò i bottoni dietro al collo. Alzò i capelli fermandoli con forcine luccicanti, diede del rosso sulle guance, poi calzò le scarpe nere con il tacco a spillo e scese nell’atrio. Ad attenderla nella locanda c’era il vice sceriffo che quando la vide esclamò:
Siete bellissima, signorina Jenny! -.
Poi si portano al castello. Jenny una volta arrivata, si ricordò di aver lasciato, nella stanza di Jennifer, l’orologio e salì a prenderlo. Quando uscì dalla stanza di Jennifer, si affacciò dalla balaustra e vide l’orchestra nel salone suonare, e gli invitati danzare, poi un tuffo al cuore la riportò al passato, mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime nel vedere ciò che accadde quella sera fatale…
“ Jennifer scendeva le scale, vestita con, l’abito rosso e stringeva tra le mani un ventaglio nero di seta, quando il padre la fermò da un braccio e le disse minaccioso:
Dove vai, Jennifer. Ricordati che devi suonare l’arpa per la contessa e il conte Tomaszewski. –
Lei gli rispose intimorita:
Vengo subito, padre, esco solo sul porticato per guardare la betulla della mamma. –
Jennifer uscì sul porticato avviandosi verso il sentiero dove nascosto da un’aiuola, Nelson, la chiamò sotto voce:
Jennifer, Jennifer. –
Jennifer gli corse incontro. Si abbracciarono e si baciarono ardentemente poi lui comunicò:
E’ giunta l’ora di partire. Ti prometto che presto ti verrò a prendere, per portarti via da lui -.
Jennifer si sfilò dal dito anulare un anello e donandoglielo riferì emozionata:
– Portalo con te per sempre, come pegno del mio amore e vienimi a prendere appena puoi. Domani lascerò la mia lettera nel nostro diario. Oh amore mio, morirò senza di te –
– Jenny li guardava come se fossero vivi dinanzi a lei. Poi sentì le ultime parole di lui, sussurrate amorevolmente:
– Si, mio pulcino, mio amore, domani verrò a prendere la lettera che mi terrà compagnia fino a quando non tornerò a riprenderti. Anch’io morirò senza di te. Porterò per sempre, finché morte non ci separi questo magnifico anello, e m’impegnerò ad amarti ed onorarti per tutta la vita. –
L’ultimo bacio, poi lei pianse; lui appoggiò il suo petto dietro le spalle di lei tenendola ancora stretta, quando sentirono un rumore, e lui uscì dalla tenuta. Fu allora che il marchese gli disse:
– Non partirai mai con lui, te lo proibirò, non permetterò mai che nessuno ti porti via da me!. –
Jennifer scappò, inseguita da Jenny e dal padre, nella cripta di famiglia, spostò il paralume in modo tale che si aprì una porta segreta che la condusse alla torre. Il padre la inseguì rinchiudendola in una stanza senza finestra, lasciandola morire.”
– Jenny era impietrita, con lo sguardo agghiacciante e le mani fredde, ferma davanti ad una porta murata. Geffrin che l’aveva inseguita spaventato, scuotendola domandava:
– Perché sei ferma davanti a questo muro Jenny ? -.
– Lei si disincantò e abbracciandolo forte, con un tono caldo ed emozionato, gli affermò:
– Jennifer è stata, murata viva dal padre. La sera prima che Nelson doveva partire Jennifer gli regalò un anello. Un anello che so chi lo possiede. Lei la troverai dietro questo muro, ti prego dalle degna sepoltura, io devo partire. –
– Geffrin la guardò confuso, non capiva quello che gli stava dicendo, la fissava solo teneramente, mentre lei scendeva le scale di corsa. Jenny trovò nel giardino il vice sceriffo, e si fece accompagnare alla locanda, dove una volta arrivata, prelevò i soldi e partì.
( Ultima parte.)
Il giorno dopo si precipitò all’accademia, portandosi decisa dall’ammiraglio e senza bussare entrò. Lui ruotò con la sua poltrona a guardarla, lei avanzò verso di lui tenendo stretto al suo seno il diario, lo posò sulla scrivania e poi con disprezzo recitò:
– Amatissimo amore, mio devoto porta con te per sempre come pegno del mio amore quest’anello. – Poi Jenny prese la sua mano e guardando l’anello continuò dicendo:
– Lo porterò sempre con me, finché morte non ci separi, m’impegnerò ad amarti ed a, onorarti per tutta la vita e presto verrò a prenderti. –
Lui ritirò il suo palmo, poi si passò le mani sul viso, e lei guardandolo con sdegno continuò:
– Perché non sei tornato a riprenderla? Perché hai fatto in modo che io vedessi il diario per poi mandarmi a Sant’Elena? Perché mi hai fatto credere ad un amore pulito, vero, se poi proprio tu l’hai abbandonata? Perché Nelson?. –
La sagoma afflitta di Nelson, vecchio e stanco immerso nel più profondo del suo tormento gli rispose in una morsa di dolore:
– L’amore mio perduto da un fausto destino, per colpa di un ripugnante uomo che l’ama ancora più della sua vita stessa, di più. –
Ancora la vedeva, suonare divinamente al piano, mentre lui si nascondeva per timore di essere scoperto. Poi guardò Jenny e raccontò:
– Prima di partire mi recai al nostro appuntamento, l’attesi ma lei non venne, presi il diario e notai che non c’era la lettera. Il giorno dopo, m’imbarcai. –
Mentre raccontava, riviveva quei momenti con lacrime di passione.
Rimasi ferito nel corso di uno scontro con una mina, restai paralizzato dalle gambe in giù e per ironia, della sorte quando ripresi a camminare per poterla finalmente andare a riprenderla dopo tutti quegli anni che ci avevano separato, seppi che non l’avrei potuta più amare, io non ero più un uomo. Scherzo del destino “ camminare ma non amare”, così mi arruolai in cerca della morte, ma mio malgrado ebbi, solo medaglie al valore. Poi tantissimi anni fa mi trovai con la mia nave, quando ancora ero capitano, nel golfo vicino a Sant’Elena, così di notte mi recai al suo giardino per pensare a quando sotto le querce io le recitavo poesie. Quanto ho sofferto, quanto mi è mancata in tutti quegli anni! Ma non volevo rovinarle la vita, e poi quale vita, avrei potuto offrirle? –
Si fermò in una breve pausa, poi la guardò, implorando con quei suoi occhi il perdono e, continuò lo straziante racconto:
_ Quante notti insonni, tormentate, quanto desiderio di amarla, di stringerla fra le mie braccia e sentirla mia. Quanti pianti sotto quelle querce e poi camminando mi accorsi che c’era ancora il nostro diario, lì seppellito. Lo raccolsi, lo sfogliai, mi resi conto che quella lettera non l’aveva mai scritta. Ricordo di aver pensato che il padre la diede in moglie, quella sera stessa al duca. –
Senza accorgersi le sue mani strinsero quel diario vecchio, come era lui, sfogliò le pagine lambendo le parole che testimoniavano il loro amore e continuò il suo racconto.
Nel momento in cui me ne andai al chiaro di luna, vidi, che il parco era letteralmente abbandonato, mi voltai a guardare ancora una volta quelle querce che avevano visto tempi migliori e, giurai a me stesso che un giorno, avrei saputo se il duca l’avesse fatta felice. Così ho fatto in modo che tu trovassi il diario, conoscendo la tua passione per il mistero. –
Jenny lo guardò confusa, e lui continuava a guardarla imperterrito, bensì il suo sguardo gli riscaldò l’anima, esso era penetrante, consolatore, in grado di addolcire quella brutale storia, amareggiata da quell’amore atavico, lei s’incamminò vicino alla finestra, muovendosi leggera, trasmettendo nell’aria qualcosa d’insolito, una strana melodia, ma forse più che suono piacevole era un fonema sinistro per lui
Il suo viso era pallido, lo sguardo malinconico, guardava fuori dei vetri in perfetta sincronia con il tempo minaccioso, si trovava in uno stato d’animo penoso, raccontandogli una storia raccapricciante, crudele più del destino stesso, infausto quanto la morte, e gli rivelò l’amaro destino di quella giovane che per crudeltà morbosa di possederla in eterno, il padre l’aveva murata viva e lei gemente in ricordo del suo cavaliere errante, testimoniò il suo amore in due righe, e sotto voce disse:
A te che amo più del vento in tempesta, più di Dio stesso, e ho paura, riferisco :T’amerò per sempre, poiché tu sei più della mia vita stessa. Amerò solo te, per tutta la vita e ti resterò vicino fino alla fine del mondo. Tua devota Jennifer Wan Wood.
Dopo aver pronunciato le sue ultime volontà, si voltò laconica a guardare Nelson, e nel profondo del suo sguardo non vide più luce, i suoi occhi erano spenti, il suo pallore aumentò e le lacrime gl’infiammavano l’anima.
Si avvicinò alla porta, lasciandolo a uno sconforto immenso, e prima di uscire per sempre dalla sua vita, disse senza guardarlo:
Io ritorno a Sant’Elena, addio Nelson. –
Lui allora si lasciò andare a una totale disperazione, aveva irrimediabilmente desiderato che lei fosse stata felice amandola in segreto attraverso gli anni, riconoscendo nel suo triste sguardo un amore perduto, infausto, un crudele destino… lui poi si rivolse a un’immagine angelica ormai lontana nel tempo e, rivolto a lei gli comunicò sofferente preso da una morsa di dolore:
– Sulle pareti dell’anima del mio cuore, le emozioni si trasformano in melodia che scivolano sulla pelle, come gocce di rugiada. Nel grigio viale della sera, le tue parole, trovano rifugio tra le mura del cuore, specchiandosi timide nei miei occhi. Il cuore sfinito freme, intaccato nella vibrante attesa, dei miei pensieri che vagano smarriti, in dolci malinconie, e fantastici affanni, che ancora m’inebriano l’anima di te.
Intanto lasciatolo solo a sé stesso, Jenny ripartì e tornò a Sant’Elena di notte fonda, bussò alla porta di Geffrin che quando la vide la strinse forte a sé, e lei sottovoce riferì:
– Ora chiudi pure la porta, io ho trovato quello che cercavo. –
– I due corpi si amarono appassionatamente.
– L’alba ancora una volta li trovò sul letto, nudi, abbracciati ancora.
– Fine.

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