Cinzia aveva sempre avuto la consapevolezza di aver vissuto un’altra vita precedente a questa.

Ne ricordava alcuni particolari in maniera molto netta e precisa. Addirittura ne assaporava le gioie e i dispiaceri. Sapeva di essere stata sposata, anche felicemente, di essere stata madre e di aver avuto una grande passione per Rudy.

Lui era stato un compagno di scuola degli anni verdi, non se ne era innamorata subito, non era bellissimo, non era neanche stata chimica, ma grande intrigo per la sua testa, forse addirittura perfida. Di sicuro, l’unico personaggio maschile con l’inconsapevole potere di farla soffrire, a cavallo di due secoli.

Era stata la sua ragazzina per un mese, alla fine della scuola, e poi tutto finito. In seguito, aveva trovato un ottimo impiego, ricavandone molte soddisfazioni; conosciuto, di lì a poco, Gianni, se ne era innamorata, lo aveva sposato e successivamente era diventata madre.

Nella  sua passerella di vita aveva avuto i soliti alti e bassi, compresa la salute, poi dopo quaranta anni, lo aveva incontrato di nuovo, aveva avuto uno scambio di chiacchiere attraverso la tecnologia e poi i discorsi si erano chiusi e limitati agli auguri natalizi e pasquali. Ne aveva sofferto, ma dalla donna sincera, corretta e diretta che era, in silenzio ne aveva conservato il ricordo. Una cosa però l’aveva promessa a se stessa: credeva nella reincarnazione, e se mai avesse dovuto rinascere, avrebbe saputo riconoscere in un’altra vita quella passione legata a tanta sofferenza mentale e se la sarebbe data a gambe se lo avesse saputo riconoscere. Una vita era tanta, due era da idioti.

Uscendo dall’Università Giada si guardò intorno. Era il suo primo giorno, aveva quasi vent’anni ed era felice. Si era iscritta a giornalismo. Con alcuni compagni e compagne del suo corso, si era subito affiatata, come era nella sua abitudine. Era figlia unica e in quella città ci studiava, ma non le apparteneva.

Aveva preso una stanza in affitto vicino all’Università in un appartamento grande dove c’erano altre ragazze ma non del suo corso. Era libera come l’aria, felice e intenzionata a studiare molto per arrivare presto alla conclusione.

Vicino all’Università c’era un grande giardino dove spesso si fermava a mangiare un panino per la colazione delle 13. Nonostante fosse Novembre,  gli alberi avevano ancora qualche foglia giallo-verde, un bel vestito autunnale, illuminato da un tiepido sole.

Si trovava seduta su una panchina col panino, quando sentì una risata sghignazzante che la fece rabbrividire, si voltò e vide un gruppo di giovani con i libri sottobraccio: tre ragazze e due ragazzi. Dovevano essere più grandi e venivano dalla parte opposta della sua facoltà.

Giada sembrava incollata a quella panchina, cercava di mandare giù il panino e beveva quell’aranciata amara come se fosse veleno. Lo riconobbe. Forse fisicamente era leggermente diverso o almeno le parve, ma quello sguardo, quella voce e quella risata, facevano parte del suo bagaglio.

Una delle ragazze lo chiamò Marco e lui continuava a ridere piegato in due.

Giada, si alzò, buttò i resti del cibo e la lattina nel cestino vicino e se andò a testa alta con le spalle dritte.

Ecco la parte che le era piaciuta meno di Rudy era la sua “demenzialità” come la chiamava lui, quel modo di essere così fra il buffo, l’ironico, il sarcastico, l’arrogante,  il simpatico, il perfido. Gli altri ridevano a crepapelle e lei invece aspettava che tornasse “normale”. Le piaceva quando era serio, quando ci poteva fare ragionamenti, quando le parlava della bellezza della natura, della caccia, della pesca e dell’aria. Le caratteristiche di un carattere sono molteplici, ma alla fine il risultato era sempre lo stesso: soffrire. Lui la faceva soffrire e forse non se ne accorgeva neppure, perché se ne fosse stato consapevole, allora, la sua perfidia sarebbe stata al culmine, eppure, sapeva anche essere dolcissimo. Ma questo accadeva raramente.

Lui vedeva il Mondo con troppa chiarezza e senza un filo di benevolenza, mentre bastava aggiungere un pizzico di partecipazione per avere più energia e non solo, avrebbe potuto vedere le verità sfuggenti nascoste dietro le apparenze.

Giada studiava molto, ma era soprattutto affascinata da un progetto che le avevano dato da sviluppare su un omicidio molto chiacchierato nella Provincia di Milano. Faceva continue ricerche in Biblioteca, col suo Professore, presso le Agenzie di Stampa, ed era pure brava, conosceva solo lo studio, ma alla festa grande nella facoltà di Legge non ci voleva rinunciare. L’aveva invitata il suo Professore, le cui conoscenze erano estese anche agli Avvocati della Facoltà vicina.

Era emozionante conoscerli, il Professor Giannuzzi l’avrebbe presentata ai colleghi di Giurisprudenza e Lei, forse, avrebbe avuto altro materiale su cui lavorare.

La sala era molto grande, tanta folla, studenti, insegnanti, tavoli, scrivanie, sedie, camerieri, e tanto cibo ben presentato su  grandi vassoi e musica rock; fu proprio vicino al grande tavolo che lo vide: a bocca piena, altissimo, magro e con i suoi capelli neri ben curati. Istintivamente, si portò più distante, là dove poteva osservare senza essere vista. Se non era lui, era la sua fotocopia.

Giada tremava come una foglia, la pressione doveva essere alle stelle, gli occhi le si incrociavano, non riusciva a mettere a fuoco niente, dentro era tutta un’elettricità. Se un fulmine le fosse passato vicino, probabilmente si sarebbe bruciato lui, tanto era elettrica.

Quando era Cinzia, aveva giurato a se stessa che se mai fosse rinata e lo avesse, per caso, rivisto, se la sarebbe data a gambe levate, anzi avrebbe usato i pattini per correre di più ed ora …, lo stava guardando incantata semi nascosta da una tenda. Poi, un gruppo di ragazze allegramente se lo portarono via e lei rimase lì con le gambe molli.

Nessun uomo le aveva fatto questo effetto in questa vita.

Poi, vide nella Sala il Professor Giannuzzi da solo, forse la cercava…, questa le sembrò un’ottima occasione per tornare alla realtà.

Si divertì, mangiò, bevve, e si procurò un paio di appuntamenti con gente che la poteva aiutare nel suo progetto.

Quando arrivò all’uscita, una voce un po’ roca la fece sussultare e per l’emozione, inciampò contro una poltroncina:

  • Ehi, ma io ti conosco….-

Giada, si sentì venire meno, ma ebbe il coraggio di voltarsi e di vederlo. Era proprio Marco, Rudy, o qualunque altro nome del passato o del futuro, ma sempre Lui.

Lei pensò: come fa a riconoscermi? Non è possibile! Non è una cosa vera!

Ma subito si riprese dietro le parole Marco:

  • Ehi, si stavi mangiando un panino nel grande giardino l’altro giorno…., ti ho vista…., ma non sei della facoltà di Legge, vero?
  • No, faccio giornalismo, sono dalla parte opposta, certo che tu le ragazze le conosci proprio tutte e non ti sfugge niente….
  • Dopo aver detto queste parole, si maledii tre volte. Le succedeva sempre così: quando gli parlava, si pentiva subito di averlo fatto: o si era aperta troppo con le parole, o vedeva quel suo sguardo bieco e severo che impermalito la rimproverava con gli occhi. Insomma era sempre tutta una sofferenza: lei faceva delle domande, lui le rispondeva a metà, mettendola in crisi con altre sue parole. Un conflitto.

Questa volta però lui stese la sua grande mano verso di Lei, le fece un bel sorriso e le disse:

  • Mi chiamo Marco, sono al terzo anno di Giurisprudenza, suono e canto in una Band e conosco parecchia gente, diciamo…, tutta quella che c’è qui dentro, compreso i docenti e come vedi anche tu.-

Dentro di sé Giada sentì una voce:

  • Non ci cascare Giada, Cinzia, o chiunque tu sia, fuggi, ti farà soffrire anche in questo secolo…,lo sai come fa, inizia sempre bene, con sorrisi, delicatezze, poi, lentamente si stanca, allenta l’attenzione, guarda altrove e si allontana…e tu, resti in compagnia della tua malinconia e dei tuoi ricordi…

Giada, pensò ai suoi studi, ai suoi progetti e sorrise malinconicamente, guardò il cielo, in quel momento di piombo, con grossi nuvoloni grigi, minacciosi e gonfi, dentro di sé pensò:

  • Anche gli Dei sono nervosi, minacciano secchiate d’acqua sulla Terra.

Magari, in una prossima mia nuova vita sarò una Civetta, e se vedrò intorno a me un Gufo che mi guarderà serioso e di sbieco, saprò bene di chi si tratta, volerò…, mi nasconderò… fra qualche albero, cercherò aiuto… ma in questa … che cosa posso fare? Posso semplificarmi la vita usando un toccasana per la mia salute mentale, posso abbandonarmi all’intelligenza della folla, forse troverò gioie inaspettate…, posso rimanere in stretto contatto con il mio intuito e le mie antiche conoscenze, inseguire le miei ambizioni in campi dove il sole eleverà il mio spirito, sorprendermi nel sentirmi a casa anche in questa vita…, ma con tutto ciò riuscirò ad evadere dal mistero di questa passione?

Con questi interrogativi nella testa, Giada si allontanò senza accorgersi che da lontano, un’alta figura la guardava camminare, incantato e sorridente…

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