Aveva amato tanto e tanto aveva sognato.

Ma era lì, nella sua stanza da lavoro, nel suo piccolo appartamento proprio nel centro storico della città.

Tutte le sere, tornando a casa dopo una giornata di lavoro, prima di estrarre le chiavi del portone e ritirarmi nella mia tana, un pensiero dirigeva il mio sguardo a quella finestra, lì al primo piano, verso la luce fioca che illuminava la sua stanza.

Marta era una donna mite e gentile, aveva superato la cinquantina e a vederla ti ispirava tenerezza e fiducia.

Dimostrava più della sua età, vuoi per l’atteggiamento dimesso, per il viso segnato dal dolore e dalla solitudine, o forse solo per aver rinunciato ai desideri della vita.

I suoi interessi ed impegni si risolvevano ormai da anni tra il lavoro e i suoi adorati amici, i gatti del cortile.

Aveva le mani d’oro e possedeva l’arte del cucito, un’arte che al giorno d’oggi, o ti costa un’occhio o non la trovi neanche coll’anternino.

L’occasione del nostro incontro e dell’inizio della nostra amicizia fu la riparazione di un mio abito, ormai troppo grande per il mio corpo, avendo dopo un’accurata cura dimagrante perso quei maledetti chili di troppo e ritrovata finalmente la mia serenità.

Era piacevole conversare con lei, in quelle rare occasioni che mi portavano nella sua casa, tra uno spillo e un’altro, l’ago e le forbici, magari ci scappava anche un buon caffè e qualche piccolo dettaglio del suo passato.

Il suo cuore era debole e malato, tanto che i suoi lavori di sarta si risolvevano al dunque, in orli, piccole riparazioni di cerniere lampo richiestele dagli inquilini dello stabile e dalla tintoria che si trovava proprio dietro l’angolo della strada.

Ma la mente era eccezionalmente vivace, aveva una spiccata intelligenza e una fervida fantasia e forse a guardarla da fuori, non l’avresti immaginato.

Come inganna l’apparenza e allora bisogna grattare e grattare ancora, fino ad eliminare la scorza, la buccia che racchiude il seme.

Beh, nella vita di Marta ciò non era accaduto, nessuno aveva grattato, nè lei avea saputo mostrare il nucleo di se stessa.

Così era rimasta sola.

Sola con il suo amore giovanile, agognato, sognato e perso tanti anni prima.

Quel giorno, in un momento di fragilità, ebbi il privilegio di conoscere il suo più intimo segreto.

Il suo sogno nel cassetto e l’unico pensiero che l’accompagnava ogni notte nel suo letto. Prima di addormentarsi Marta sognava ad occhi aperti.

Sognava il suo abito da sposa, un abito bianco in pizzi e merletti con un lungo velo a coprirle il capo.

Ricordo ancora oggi i suoi occhi illuminare il viso stanco e nello sguardo un’espressione di intensa felicità.

Ricordo una donna diventare adolescente in un attimo e in un attimo di nuovo donna.

Così avvicinandosi la fatidica data delle nozze di mia figlia e con lei tutti i preparativi del caso, ebbi un’idea meravigliosa, che mi costò comunque discussioni e litigate con la piccola di casa, Alessia la sposa.

Far confezionare a Marta l’abito bianco. E non fu a causa della confezione che ci furono bufere ed uragani in famiglia, fu invece per la mia pretesa (lo ametto e mi sento colpevole), di lasciare libera la fantasia della sarta sulla scelta del modello e della stoffa, insomma regalare a quella donna parte del suo sogno: avrebbe confezionato il Suo abito da sposa. Mi sembra superfluo dirlo, ma a mia discolpa lo dico: quale madre dispiacerebbe la figlia, quale madre non farebbe qualunque cosa per renderla felice e accontentarla, specialmente poi nell’occasione più importante della sua vita? Ma ero sicura, sicura di Marta, della sua passione, del suo entusiasmo, della sua vivacità, del suo amore e del suo sogno.

Ero sicura che l’abito più bello e straordinario sarebbe nato da quelle mani.

Così fu e ora dopo ora, giorno dopo giorno, Lei lavorava su quei tessuti scelti con cura e gusto, lavorava con dedizione, facendo attenzione ad ogni piccolo particolare, dopo aver studiato le misure di Alessia, il colore della sua pelle, le fatezze del suo corpo.

Nè usci un capolavoro, un abito da sogno, dalle linee sinuose e morbide, in seta leggera e pizzo trasparente, eseguito a mano e formato da nodi ed intrecci, un tubino aderente la cui femminilità veniva sottolineata da quelle linee semplici ed elegantissime che risaltavano le forme del corpo di Alessia e il suo punto vita sottile. Bianco avorio il colore per risaltarne la pelle pallida e rafforzarne la raffinatezza.

Era un incanto quel giorno mia figlia, avvolta in quella seta e quel pizzo e d’incanto stava Marta, tra i tanti invitati alle nozze a rimirare il suo capolavoro.

Quel giorno fu davvero speciale per me nel vedere mia figlia felice e bellissima coronare il suo sogno di donna e fui contagiata da un’emozione nuova, essere stata io l’artefice dell’avverarsi di un desiderio che anche se vissuto attraverso Alessia, dopo una lunga attesa, aveva regalato a Marta il Suo abito da sposa.

 

5 commenti su “Marta… la sarta”
  1. Tenera storia di vita di persone semplici ed umili. Brava a far vivere le atmosfere. Attenta “coll’anternino” è sbagliato vedi se puoi sostituirlo. Kisssal…

  2. Grazie Laerte sei un amico!
    Ho provato a modificare l’errore ma non è possibile ….mi sono sentita come un mio vecchio collega ora in pensione che diceva sfondoni quali per esemprio
    ” cavalli allo stato ebraico”
    Cercherò di stare più attenta
    Con simpatia Elisa

  3. ….conosco un’anziana amica che potrebbe essere la protagonista del tuo racconto.
    che lo sia veramente?
    ciao

  4. Marta è solo il frutto della mia fantasia…sei fortunata ad avere una amica così
    Ciao Elisa
    Grazie Tilly
    Elisa

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